Elefante rosa
È venuto in punta di piedi,
sembrava avere ali di farfalla.
Gioisce con me, soffre con me. Non mi molla mai.
È grosso, ma non ingombrante.
È attento, ma non invadente.
È presente, ma mi lascia libera.
C’era una volta un elefante rosa
nato tra i grigi e gli ocra della savana. Diverso, troppo vivido per passare inosservato, troppo luminoso per confondersi tra gli altri.
Fin da piccolo, imparò che il mondo osserva con occhi pesanti chi esce dai margini, chi porta sulla pelle il colore dell’impossibile. E così, mentre gli altri piccoli elefanti giocavano nel fango, lui esitava, temeva di sporcarsi, di perdere la sua luce.
Un giorno, arrivò la stagione secca, e il fiume si ritirò nel ventre della terra. Gli animali vagavano assetati, e il branco degli elefanti si mise in cammino per cercare l’acqua. Il sentiero era lungo e faticoso, e presto si trovarono davanti a un canyon troppo profondo per essere attraversato, troppo scosceso per essere scalato.
Fu allora che l’elefante rosa si fermò. Non per paura, ma per sentire.
Chiuse gli occhi e ascoltò il vento insinuarsi tra le rocce, percepì la vibrazione della terra sotto le zampe. Ricordò le antiche storie, quelle che parlavano di sorgenti nascoste, di acqua che dorme nel cuore della pietra.
Senza più esitazione, sollevò la proboscide e iniziò a scavare. Gli altri lo guardarono increduli. Nessuno credeva che ci fosse acqua lì, nessuno aveva mai osato pensarlo. Ma lui continuò. Scavò con la forza di chi ha scelto di essere ciò che è, di chi ha deciso che il proprio colore non è un peso, ma una bandiera.
E poi, all’improvviso, la terra si aprì e un getto cristallino sgorgò dal profondo, limpido e fresco come la pioggia attesa da troppo tempo.
Gli elefanti bevvero, si bagnarono, risero di gioia. E l’elefante rosa si specchiò nell’acqua, vedendo finalmente sé stesso non come un errore, ma come una possibilità.
Da quel giorno, nessuno lo guardò più con sospetto, perché aveva dimostrato che il coraggio non è l’assenza di paura, ma il saper ascoltare la propria natura e seguirla, anche quando il mondo intero sembra sussurrare il contrario.
E la savana imparò a ricordare il suo nome, come si ricordano le gocce di pioggia dopo un lungo deserto. 🌿💖
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