Passaggi obbligati del cuore: Gaeta ti amo

Aivoglia a leggere gli oroscopi. Guardare nei fondi di caffè. Qualunque cosa pur di non ammettere l'assurdità di come mi sento sta sera. Quante perturbazioni cerco di sciogliere. Quei malesseri tra pancia e cuore che posso solo attraversare. Ho scoperto di me molti poteri. E no, non sono una strega, ma quasi...

Unica pecca che sono una strega un po' romantica e credo ancora nei miracoli. Credo in chi sovverte le regole. In chi rischia. In chi agisce per prove ed errori e arriva alla soluzione.

Ad ogni modo, se "punge" ha toccato qualcosa che già pungeva! Volete sapere cosa punge? Punge la vita. Punge che mi ricorda che devo muovere il culo. Che non c'è "tripp for cats", ma comunque "so cats"! E io ci sto dentro con tutte le scarpe. Mannaggia a me che per sconfiggere i miei demoni, alla fine ci gioco a carte! Qualche volta ho anche vinto. Ma sta sera no. Sta sera alzo le mani. Bandiera bianca.

Alexa: Mettimi l'anima in pace!

Niente, Alexa non funziona!

Allora io cosa faccio per non macerare insieme alla sofferenza?

La trasformo! Ecco... per questo sono una vera strega!

Dunque dopo questo preludio, vi racconto del mio incappare in un racconto di Italo Calvino. "Passaggi obbligati".

(E vi mostro come si trasforma la malinconia)


Passaggi obbligati di Italo Calvino

Passaggi obbligati è un testo breve pubblicato per la prima volta nel 1972 (poi incluso in raccolte di saggi e interventi, ad esempio in Una pietra sopra).

Non si tratta di un racconto di fantasia, ma di una riflessione autobiografica e, allo stesso tempo, urbanistica e sociale: Calvino ripercorre i luoghi, i percorsi e le “tappe obbligate” della sua vita quotidiana a Torino, dove viveva in quel periodo.

Il testo nasce da un’idea di Georges Perec, scrittore francese legato al gruppo dell’Oulipo, che aveva proposto ad alcuni autori di descrivere le proprie “strade obbligate”, cioè i luoghi e i tragitti che percorrono regolarmente e che fanno parte della loro esistenza.

In Passaggi obbligati, Calvino racconta:

  • le strade che attraversa ogni giorno per andare a lavorare, fare acquisti o incontrare amici;
  • i luoghi che hanno un significato per lui, sia pratico che affettivo;
  • come la ripetizione dei percorsi costruisca una mappa personale della città;
  • una riflessione su come i gesti e i tragitti quotidiani diventino parte dell’identità di ciascuno.

Quindi, il testo parla di memoria, abitudini e geografia personale: una sorta di “autobiografia spaziale” in cui lo spazio urbano diventa lo specchio della vita di chi lo abita.


Autobiografia Spaziale (di Gaeta)

Pensando alla geografia personale, alla mia autobiografia spaziale, ho anche io i miei tragitti speciali nella mia (amata) città di Gaeta.

Qualsiasi rotta abbia la mia giornata, ho esigenza di avvicinarmi al Castello Aragonese, al molo di Santa Maria, intrufolarmi in Via Indipendenza, teletrasportarmi in  Via Marina di Serapo.

Mio figlio da piccolo diceva "Mamma andiamo a Separo". Mi faceva tanto sorridere. Serapo non è solo un luogo... è un'istituzione, una spiaggia che modella l'anima, che accarezza, rapisce e non ti lascia.

Ma in realtà Gaeta per i gaetani è un pezzo di cuore, un rivestimento di pelle, una voce calda, un vento che non si stanca mai, la salsedine nei sogni.

E credo che lei, Gaeta, è proprio il mio amore grande...

E tornando alla geografia personale, ai percorsi obbligati del cuore, una sola ricetta ha senso: sorvolarci sopra, camminarci accanto, immergersi dentro!



Avete capito come si frega il dolore?


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